Ultimo aggiornamento: 14 aprile 2024

Die Frage der Laienanalyse - I edizione del 1926

Si dovrebbe capire che le cose sono senza speranza, e tuttavia essere decisi a cambiarle.
F. S. Fitzgerald The crack-up 

L’ammonimento di Serge Leclaire scritto sul frontespizio della prima edizione di Die Frage der Laienanalyse, si è infine avverato e il giorno è venuto in cui l’analista è stato messo – o meglio: si è voluto mettere – al suo posto. Non poteva più sostenere la conditio sine qua non della psicanalisi – «La situazione analitica non tollera terzi» – che lo vincolava ad assumersi integralmente la responsabilità del suo atto e a non avere nessun posto definito, né nel transfert né professionalmente né socialmente.
Nasce così un’altra psicanalisi «professionalmente definita, con statuto scientifico, oggetto di competenza e processo formativo specifici, socialmente individuabili e riconosciuti», condotta da medici, e oggi da psicologi, distinta da quella psicanalisi a cui Freud ha dovuto aggiungere l’aggettivo “laica”: la Laienanalyse.
Ma si tratta di una stessa psicanalisi praticata da due attori diversi (quelli che hanno i titoli, la competenza e il diritto di esercitarla, e quelli che non li hanno, perché non li vogliono, contraddistinti solo da un "non-" rispetto ai primi), di due diverse psicanalisi, o di due pratiche di cui (nonostante le si voglia confondere, sfruttando un cronico pressappochismo culturale) una non ha niente a che fare con la psicanalisi fondata e stabilita da Freud?
I documenti raccolti in questo Archivio propendono per quest’ultima tesi, non fosse perché, quanto meno in Italia, la psicanalisi:
1) per legge, non si chiama più “psicanalisi”, ma “psicoterapia a indirizzo psicanalitico”, radicalmente distinta dalla Laienanalyse, che non ha alcuna finalità terapeutica;
2) è una professione sanitaria, mentre la psicanalisi "laica" non è né professione, né sanitaria: su questo secondo punto non possono esserci discussioni, ma se anche si dubitasse del primo, si consideri che una delle accezioni di Laie, "laico", è "profano", colui che non è specialista, che non si affida a una competenza "oggettiva" fondata sul rigetto dell'implicazione della soggettività nel sapere, caratteristica del discorso universitario;
3) è regolamentata giuridicamente dal Terzo di tutti i terzi: lo Stato, mentre l’analisi “laica” non tollera terzi (di qualunque genere). Ogni responsabilità è integralmente dell’analista e dell’analizzante, legati da un rapporto sui generis (“transfert”) posto al di fuori della garanzia e della tutela di un’autorità legale che ha il potere di dirimere, normandolo in anticipo, ogni potenziale conflitto. Proprio perché può vivere solo in un “vuoto giuridico” (ma non per questo è senza legge), il rapporto analitico può perpetuarsi solo se i suoi costituenti acquisiscono sui propri atti una sovranità che superiorem non recognoscens, e che rappresenta dunque la più temibile delle minacce per qualsiasi ordine sociale.
Come stupirsi allora della promulgazione di una legge Ossicini, che trascina in tribunale quegli analisti che al loro posto non vogliono stare?
Tuttavia, questa legge non interessa solo gli psicanalisti, ma tutti, perché una civiltà che bandisce la psicanalisi non ha più popoli né idiomi: solo utenti e "langues de bois", in cui rientra alla fine anche la parola "democrazia".
L’Archivio della questione dell'analisi laica si propone di dare testimonianza di quella pratica della sovranità che Freud ha chiamato Laienanalyse, prima che se ne perda definitivamente anche la memoria e finisca per essere consegnata alla storia sotto l’etichetta (fraudolenta) del «problema dell’analisi condotta da non medici».